La letteratura imperfetta di Angelo Petrella

Suggestioni cinematografiche per oltrepassare un confine che la letteratura, per sua natura, non puņ valicare

di Anna Petrazzuolo

Com’io divenni allor gelato e fioco,
nol dimandar, lettor, ch’io non lo scrivo,
però ch’ogni parlar sarebbe poco. 

(Dante Alighieri, Commedia, Inferno, Canto XXXIV)

L'insufficienza dei mezzi linguistici è un tòpos che nel viaggio ultraterreno del Dante personaggio ricorre con studiata periodicità. Non solo perché è l’espediente con cui il Dante autore rinsalda ogni volta il patto finzionale istituito con i lettori, ma anche per una quaestio più strettamente letteraria: dinanzi all’indicibile, la penna si arresta e, consapevole dei propri intrinseci limiti, getta la spugna. 

 

Quale alternativa ha chi con la scrittura sceglie di calarsi nelle viscere di un’umanità trasfigurata dal disfacimento morale? Questo interrogativo deve aver fatto da pungolo per Angelo Petrella quando ha messo mano a La città perfetta (Garzanti). Cinquecentodieci pagine, tre protagonisti e una Napoli corrotta nella quale “tutti si vendono e si comprano”; sullo sfondo, le vicende degli anni compresi tra il 1988 e il 1993. Storia dell’altro ieri, dunque, fatti recenti che una narrazione fitta e incalzante ci rimanda addosso simili a un blob, nella forma più nauseante. Violenza, criminalità, disordine, ferocia. Per farne materia del suo romanzo (il terzo, dopo i noir Cane rabbioso e Nazi Paradise, entrambi pubblicati da Meridiano Zero), l’autore attinge alle risorse che lo strumento letterario gli mette a disposizione, e ne esplora tutte le potenzialità fino a raschiare il fondo. Titoli di giornale, resoconti di intercettazioni, report del Sisde e persino una mappa della città divisa per quartieri sono inseriti a corredo di un testo che con disinvoltura passa da un font all’altro, dalla diegesi alla mimesi (completa di didascalie), dai tecnicismi al gergo condito con epiteti di basso rango. Il tutto tenuto insieme da un armamentario retorico che avviluppa il lettore risucchiandolo non senza compiacimento. Ma ancora non è abbastanza. Così, ansioso di spingere la sua ricerca sul terreno sperimentale, lo scaltro Petrella forza la gabbia di impaginazione per farvi entrare contenuti speciali, scritte in sovraimpressione, inserti verticali, colonna sonora, personaggi, interpreti e comparse. Un pastiche di voci e suoni, rap e hip hop, giduglie dialettali e sapore di pop corn, quello che si mangia al cinema. Attraverso il miscuglio di questi elementi spuri tradizionalmente estranei alla comunicazione letteraria, La città perfetta rende palpabile un mondo infernale, uno scenario da film, perfetto sì ma solo “per i bastardi”.


 

Foto di Maria Teresa Gargiulo.

L’immagine di copertina è tratta dal libro 
La Divina Commedia di Dante Alighieri illustrata da Gustavo Donè 
(Sonzogno, 1890).

 

indietro