Non chiamatelo omaggio

Dopo il debutto al Piccolo di Milano, Giulio Casale porta la sua Fernanda Pivano nei teatri d'Italia

 

A

l Teatro Galleria Toledo di Napoli fa tappa La canzone di Nanda, spettacolo scritto e interpretato da Giulio Casale. Il testo, che si ispira ai Diari 1917-1973 (Bompiani) di Fernanda Pivano, ripercorre l’incontro entusiastico e privilegiato tra la scrittrice italiana e la cultura americana. Seguendo l’intuizione di Cesare Pavese ed Elio Vittorini, che per primi guardarono alla letteratura d’Oltreoceano, la Pivano scoprì una nazione in fermento, scossa dalle istanze pacifiste e libertarie provenienti dal basso, e artisticamente rivoluzionaria. 

 

 

 

 

 

 





Intorno a questa epopea Casale imbastisce una serata di “teatro canzone” che vale più di una lezione accademica, e non solo perché si avvale della regia di Gabriele Vacis. Artista eclettico dagli evidenti trascorsi rock, Casale è sostenuto da una presenza scenica che ne fa un credibile performer, diretto e incisivo: recita, canta, suona e intanto si muove disinvolto, toglie la giacca, si scorcia le maniche. Ma non è solo. Accanto a lui, miscelati nella scenografia multimediale di Lucio Diana, i protagonisti della Beat Generation: poeti vagabondi e scrittori viziosi altamente irregolari, simboli di un movimento che contro il consumismo capitalistico e le mode riportava al centro del dibattito l’essenzialità dell’uomo, la sua nuda fragilità. “Angeli con la pelle troppo sottile”, sono raccontati così gli amici di Nanda, martiri della “grace under pressure” caduti prematuramente: Jack Kerouac, Allen Ginsberg, William Borroughs, Gregory Corso. Senza dimenticare Hemingway, Jimi Hendrix, Jim Morrison, James Dean, Marylin. I loro ritratti scorrono sulle note di Blowing in the wind di Bob Dylan, Le bigotte di Jacques Brel, Preghiera in gennaio di Fabrizio De André, composta per Luigi Tenco. Arte e vita si impongono su un palcoscenico che inneggia a quella pacifica rivolta cui la Pivano dedicò la sua esistenza.  

Anna Petrazzuolo

 

La recensione è stata pubblicata sul magazine di cultura e spettacolo ENNETI.

 

 

 

 

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