Non solo giallo
Intervista a Patrizia Rinaldi, la scrittrice che con il suo ultimo romanzo ha ampliato le possibilità del genere poliziesco
di Anna Petrazzuolo
Peppino Carità già stava sotto l’arco della porta, lasciata aperta per fare passare un po’ d’aria che non si muoveva lo stesso. Dietro di lui non c’era la Di Somma, ma una donna sulla quarantina, accompagnata da un pastore tedesco, avanzò fino al centro della stanza, come se vedesse bene. Il cane le si fermò al fianco. A Martusciello sembrò che l’animale sorridesse, anche se solo da un lato.
Ai lettori si presenta così, senza essere annunciata, con un effetto sorpresa che promette emozioni a catena. È Blanca, la protagonista dell’omonimo romanzo di Patrizia Rinaldi (nella foto), pubblicato da Dario Flaccovio Editore. Non il solito “giallo” ma un libro composito in cui tutto passa attraverso le donne. Impegnata in laboratori di lettura e scrittura destinati ai quartieri a rischio, la Rinaldi si è specializzata in drammaturgia e vanta nel suo curriculum diversi testi per l’infanzia.
Com’è avvenuta la tua iniziazione alla scrittura?
Leggendo. Da adolescente alcune circostanze mi hanno costretto per lunghi periodi in casa: i libri sono stati la mia fuga, il mio sguardo verso l’esterno, una vicinanza irrinunciabile all’altro da me. Ho imparato ad accompagnare la quotidianità con il racconto e il passaggio alla scrittura è stato quasi inevitabile.
Qual è il ruolo di uno scrittore oggi?
Forse privilegerei un ruolo tra tutti: aiutare a porre argine all’omologazione corrente.
Dalla letteratura per l’infanzia ai romanzi gialli: come riesci a coniugare generi tanto distanti?
In entrambi i generi riconosco necessità di trama, di tensione che rimandi lo scioglimento. Quando mi rivolgo ai ragazzi faccio grande attenzione a non danneggiare la speranza e le sue possibilità. Nei gialli ubbidisco ai personaggi che, quasi sempre, mi conducono nelle loro storie, dove posso incontrare anche zone mie scure, irrisolte.
Dare vita a dei personaggi letterari ha qualcosa a che fare con la maternità?
Forse ha molto a che fare con la cura, che partecipa a un senso largo di maternità non solo naturalmente intesa. Per il periodo della scrittura di un romanzo, ma anche dopo, i personaggi non mi abbandonano e io non li trascuro. Li seguo, li immagino, a volte ci litigo pure, se sono troppo invadenti.
In un’epoca in cui le differenze tra i sessi si assottigliano, ha ancora senso parlare di scrittura ‘al femminile’?
No.
Quanto è importante per te il dialogo in una narrazione?
Scrivere dialoghi credibili non è semplice. Cerco di fare molta attenzione, perché è un elemento importante nei generi che abbiamo nominato. Mi aiuto studiando testi teatrali della nostra tradizione da Eduardo a Ruccello.
E che ruolo ha l’ambientazione?
I miei gialli sono ambientati a Napoli: la conosco, la vivo pienamente e la racconto. Quando scrivo per i ragazzi cerco un’ambientazione più neutra, per evitare lontananze con i giovani lettori di altre città.
Come nasce Blanca, la protagonista del tuo ultimo libro?
Tempo fa fui invitata a una visita guidata da non vedenti all’Anfiteatro Flavio di Pozzuoli. Il percorso durava un’ora, avevamo gli occhi coperti: con la guida si stabilì un dialogo particolare, privo di formalità. Dopo poco gli altri sensi si fecero più attenti per superare l’assenza dello sguardo. Mentre ero alla prima stesura di Blanca, quella visita archeologica si è imposta al ricordo.
Sei d’accordo con chi definisce Blanca un romanzo corale?
I personaggi di Blanca sono molti, soprattutto quelli femminili. Ho cercato di dare sufficiente rilievo a ognuno.
Nelle storie che racconti si avverte una passionalità che investe il quotidiano, le cose semplici: una questione di temperamento o di stile?
Le cose semplici continuano ad appassionarmi.
Cosa prediligi come lettrice?
Incomincio a leggere di tutto, poi scarto con disinvoltura quello che non mi porta via, nel libro. Non faccio caso alle differenze di genere, cerco però di accordare la scelta della lettura al momento che sto vivendo: non è un approccio ragionato, ma sentimentale.
Il classico che avresti voluto scrivere.
Tanti, meravigliosi, dalla scrittura irraggiungibile: scelgo Anna Karenina, che rileggo ogni estate, anche per un omaggio al tuo nome.
La foto è stata scattata dalla scrittrice Cristina Zagaria.
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