![]() Un abisso in superficie
Pronta la seconda edizione della favola di Angela Valentino che mette in guardia i più piccoli dalle insidie della Rete di Anna Petrazzuolo
Perché ha scelto una favola allegorica per parlare ai ragazzi? Le favole e le fiabe non hanno età: da piccini, ascoltandole, si resta affascinati e l’immaginazione comincia a prendere corpo; poi si cresce e attraverso queste storie si deducono dei muti insegnamenti, suggeriti dalla metafora, che rimandano a riflessioni e considerazioni sul mondo degli umani. La favola è delicata, non diretta, è profonda, in modo lieve rinvia ai ragionamenti di grandi pensatori e filosofi, ma seppur semplice nell’impianto necessita di una decodifica molto accurata che possa commovēre ossia “agitare” la riflessione nel lettore. Questo è il nodo cruciale: leggere per leggere è solo un buon allenamento per la dizione; leggere per riflettere è l’obiettivo che ogni scrittore o narratore vorrebbe raggiungere.
C’è una favola che è stata particolarmente importante nella sua crescita? La mia favola preferita è Il lupo e il cane di Fedro. Il suo insegnamento per me è: libero seppur affamato, mai sazio e soggiogato.
Come insegnante, gode di un punto d’osservazione privilegiato: come le sembrano gli adolescenti di oggi? Nei vari anni ho visto tante generazioni alternarsi tra i banchi, mi hanno sollecitata a costruire nuove modalità di approccio verbale per riuscire a dialogare con tutti loro. Le discipline che insegno sarebbero sterili se non riuscissi a far coglier ai miei allievi la possibile applicazione nella loro realtà. Tutti i giovani sono gli adolescenti di sempre, testimoni del loro tempo. È solo una differente pronuncia che ci contraddistingue: io appartengo alla Beat generation, loro sono la Bit generation.
Il testo mette bene in evidenza il potere subdolo che certe volte hanno le parole: come difendersene? La parola ha un forte potere: crea, suggestiona, lusinga, offende, denuncia, libera gli stati d’animo. Ha un grande valore catartico, è la conquista più grande del genere umano. Tutti, quotidianamente, facciamo i conti con le emozioni-situazioni che ci mettono in relazione con gli altri, e le parole consentono di instaurare i rapporti sociali che spaziano dal dolore alla felicità. Alcune sensazioni sono solo temporanee ma hanno un gran peso, e se una data parola pigia il tasto giusto ecco che noi esaltiamo quel fonema dandogli un valore maggiore rispetto al suo reale contenuto. Ampliamo la sensazione che ha sollecitato e reagiamo con l’istinto piuttosto che con la consapevolezza di ciò che accade. Finanche un semplice oggetto è pomposamente presentato dal mondo della pubblicità con parole pensate, studiate per catturare attenzione. Sono le parole di chi deve raggiungere il proprio scopo. È captatio benevolentiae, stratagemma della dialettica. Dunque per difendersene, è utile affinare la propria “canoscenza”.
Se i figli sono alla continua ricerca di emozioni forti, quanta responsabilità hanno i genitori e, più in generale, gli adulti? I genitori e gli adulti hanno la piena responsabilità del messaggio che lanciano ai ragazzi. Il loro esempio dovrebbe essere una traccia per guidarli nella distinzione e nel discernimento tra esperienze utili per crescere e fortificarsi, e sciocche e inutili ricerche di emozioni futili, esasperate. Vanno incoraggiati a mettersi in gioco, superare i propri limiti per andare a scoprire nuovi mondi, non superare i limiti per porre fine al proprio mondo. Come storici del loro presente devono imparare a individuare le fonti affidabili, e come abitanti di un territorio ancora inesplorato devono saper leggere le tracce e i segni lasciati dai predatori.
Questa seconda edizione del suo libro d’esordio è impreziosita da una appendice in versi dove, a cominciare dal titolo, il gioco con le parole si fa più sottile. Quali argomenti ha voluto mettere a fuoco? Spesso si vive imparando a sopravvivere agli eventi che ci investono in prima persona o a quelli che ci vedono semplici spettatori. Si può voltare lo sguardo altrove o farli diventare argomenti di semplice discussione dialettica senza per questo sentirsi coinvolti. Invece se si è emozionalmente partecipi delle condizioni umane e degli avvenimenti, ogni discussione si zittisce e nasce solo una sensazione sommersa. Ecco che la parola si libera di ogni orpello inutile, resta nuda e si dichiara al mondo come pulita, si riempie di significato, semplice espressione di un sentire profondo, lascia intravedere quella lacrima dolorosa o quel sorriso vero.
Sembra quasi l’annuncio di qualcosa che già bolle in pentola... Tutte le sensazioni e le esperienze che le hanno generate, conducono verso riflessioni profonde che compongono il quadro della propria persona, molto spesso è un dipinto articolato proprio come un bel puzzle. Con pazienza, amore e con la consapevolezza di voler far ordine si deve tentare di rimettere le tessere al loro posto e osservare il tutto e non più solo le parti. Piccoli Pezzi di Puzzle, ecco quello che bolle in pentola.
Una citazione da Un abisso in superficie che stamperebbe sulla sua T-shirt. “Ama esplorare, conoscere”.
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